Roses in Harlem

Ti rimane il profumo di fiori in camera ed il sentore che non te ne stai andando solo tu, ma anche dall'altro verso c'é una certa stanchezza.

Ti dai del tempo per pensare, per capire, la maniera migliore, dicevano (dicevo) é scrivere.
Scrivere,
scrivere,
scrivere.

Initerrottamente, freneticamente, come se fosse impossibile, ma dico impossibile. Fermarsi.

Ho sempre pensato che le parole mi avrebbero portata lontano e fatto bene al cuore in qualsiasi forma; che fossero su un foglio di carta ingiallito, scritte a mano, in una brutta calligrafia o che fossero stampate e rilegate dentro un bel libro, su un display degli anni 2000 (e sempre tra le belle pagine di Baricco). Se no ho pensato per tanto tempo anche che quelle che mi scrivevo da sola, me la raccontassero nella maniera migliore in quella maniera in cui potessi veramente solo che crederci e capirci qualcosa. In realtá non ci capivo un tubo... era solo bello vederle scritte, le parole.

Sto affrontando una nuova linea di pensiero, continuo a non parlare e a non esprirmermi, ma alla sera mi volto verso il muro e ci appiccico una cosa bella ed una cosa brutta sino a quando riescono a correre di pari passo; arriveró ad un momento dove le cose belle sorpasseranno quelle brutte o viceversa, ovviamente dipende anche dal momento del mese in cui ti trovi e a quanto sei incainato col mondo. Alla fine della stagione le cose avranno senso, hanno sempre senso...più o meno.

Si spera.

É bizzarro solamente quando raggiungi il punto di dolce rottura e le strade si dividono tranquillamente, come se niente fosse e non senti che c'é più un tirare dall'altra parte, ma un certo lasciarti andare a quel punto lí ti rendi veramente conto delle cose. Passa la rabbia, passa l'agitazione e c'é solo quel vuoto che ogni tanto si riempe con il ritmo delle giornate, ma che ogni tot di giorni torna a svuotarsi ed ad essere solo lí, vuoto, presente.

Torna alle parole, sempre loro.

La cittá é illuminata dalla Luna.

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